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Le gambe e le braccia intorpidite e l’ostinato tentativo di rilassarle in un silenzio ovattato.

Rannicchiato per occupare meno spazio possibile. Gli occhi sono chiusi ma potrebbero anche essere aperti. Il buio che avvolge così fitto da rendere inutile aprirli. Il respiro forzatamente regolare e silenzioso. La tensione è combattuta per la necessità di sopravvivere. È necessario non farsi prendere dal panico. In questa posizione stiparsi nel fondo del proprio spazio e vegetare in attesa che passi.

Il panorama è una distesa di gusci apparentemente vuoti.

Folla di involucri che dà vita a questa comoda città. Determinata a non farsi incrinare dai racconti che suo malgrado arrivano. Dal mare, dalla rete. Racconti distanti di chi sta combattendo per i propri diritti. Diritti tenuti lontani da questa distesa di gusci. Con l’aiuto della paura.

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